mercoledì 18 marzo 2015

Oltre a Maastricht ci siamo castrati anche con Kyoto


Siamo tutti ambientalisti. Ricordiamocelo. Non c'è bisogno di una sigla partitica o di una ONG per esserlo

Sul fatto che le crisi monetarie siano studiate tutte a tavolino, da secoli, siamo tutti d'accordo. Sul fatto che l'ultima crisi è partita da una bolla finanziaria dagli Stati Uniti, come quella del 1929, siamo tutti d'accordo. Sul fatto che l'Italia non si sia potuta difendere perchè non ha sovranità monetaria e politica per decidere strategie autonome di politica monetaria ed economica, siamo tutti d'accordo. A questo punto dovreste essere anche d'accordo sul fatto che oltre a non avere più le suddette sovranità, non abbiamo neanche quella di decidere la nostra politica industriale dopo la firma dei Trattati di Kyoto.

Il grafico che vi mostriamo è un parallelismo tra le riduzioni di gas serra, CO2, e la riduzione della produzione industriale italiana. Casualmente (ma solo casualmente ?) le due curve viaggiano di pari passo. Contemporaneamente negli stessi periodi si è avuto qui in Italia l'effetto della crisi finanziaria dovuta al fallimento della Lehman Bros. 

Ma ormai, avevamo già siglato i protocolli di Kyoto e quindi, oltre ai trattati europei che non ci hanno permesso di emettere moneta per fronteggiare la bolla speculativa, non abbiamo potuto neanche incrementare la produzione industriale per sottostare ai limiti che ci siamo autoimposti per le immissioni di CO2 prodotte dalle industrie. Molte aziende, infatti, hanno delocalizzato all'estero dove i limiti di emissione sono superiori ai nostri e dove le "carte verdi" ( o diritti di emissione di CO2 ) costano molto meno che in Italia. Tra queste aziende, molte sono andate nei paesi asiatici quali India e Cina per il semplice fatto che quei paesi non hanno siglato i trattati di Kyoto e quindi se ne infischiano dell'effetto serra. 

Nel 2012 l'Italia ( e l'Europa ) ha raggiunto abbondantemente l'obiettivo di riduzione di emissione gas prefissato per il 2020. E a che prezzo, visto che l'economia è crollata.

Puo' essere senz'altro individuato un legame tra il calo di produzione per crisi monetaria e la riduzione di emissioni di CO2. Non lo mettiamo in dubbio. Ma intanto i cinesi ci ricomprano continuando ad inquinare.

Immaginiamo la felicità generale nell’apprendere queste insperate e positive notizie, solo un po’ attenuate dal fatto che nel 2010, in corrispondenza di una limitata ripresa economica, certamente verificheremo un parziale anche se ridotto recupero dei valori emissivi.

“Bisogna tornare a crescere”, “Il vero problema dell’Italia è la mancanza di crescita economica”, si sente ripetere fino allo sfinimento in televisione da economisti e commentatori, mentre la telecamera indugia sugli spettatori che fanno sì con la testa.

Scopriamo così che la maggior parte delle persone è contemporaneamente felice per la riduzione dell’effetto serra e per la crescita della sua causa e non capiamo se si tratti di ingenuità o malafede.

Nonostante questo obiettivo di riduzione raggiunto, le emissioni a livello globale sono aumentate del 40% proprio perchè è aumentata la produzione industriale dei paesi che non hanno aderito al trattato di Kyoto. Siamo proprio dei geni, o masochisti. Ci piace castrarci con le nostre mani.

Il bello è che la nostra economia, ed il nostro futuro produttivo, dipenderanno a dicembre 2015 proprio da quei paesi come America e Cina che non hanno aderito a Kyoto

http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2014-05-06/accordo-globale-clima-mani-usa-e-cina-110426.shtml?uuid=

E ricordiamo che oltre a questa impossibilita' di decidere le politiche industriali, resta sempre il fatto che non possiamo stimolare la domanda ridando potere d'acquisto perche' non possiamo emettere e gestire moneta. 

Che "bel paese", che bella la Terra Nostra 



venerdì 13 marzo 2015

Scade segreto di Stato sulle decisioni di politica monetaria


E’ scaduto il segreto prima decennale ed infine ventennale sui documenti della politica monetaria italiana. Da quella documentazione è possibile ricavare preziosi elementi utili ai fini di decisive iniziative legali sia nei confronti dell'amministrazione statale ossia del governo in carica, sia negli stessi confronti della cosiddetta Banca d'Italia S.p.A., appartenente ormai a privati.

In deroga alla legge sulla trasparenza degli atti amministrativi, la 241 del 1990 e successive modifiche, il decreto 561 del 13 ottobre 1995 firmato da Lamberto Dini, pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" numero 302 del 29 dicembre, disponeva "temporaneamente o senza limiti di tempo", la più completa riservatezza. Dal quel momento erano top secret i documenti inerenti la sicurezza, la difesa nazionale, le relazioni internazionali, quelli attinenti alla determinazione ed attuazione della politica monetaria valutaria; gli atti relativi all’ordine ed alla sicurezza pubblica nonché alla prevenzione della criminalità e infine quelli sulla riservatezza di persone, gruppi o imprese.

Il ministero del tesoro ha sottratto alla trasparenza, apponendo il segreto di Stato sulle categorie di atti «comunque rientranti nell’ambito delle attribuzioni del ministero e degli organi periferici in qualsiasi forma da esso dipendenti». Si annoverano documenti segretati per un anno e atti sottratti all’accesso per dieci e venti anni.

L'operazione era stata approntata nel giugno 1992, subito dopo la strage di Capaci, con cui fu eliminato il giudice Giovanni Falcone (che stava indagando sugli ingenti flussi di denaro sporco dall'estero in Italia e viceversa), e poco prima l'eccidio di via D'Amelio, che tolse di mezzo anche il magistrato Paolo Borsellino.

Dunque, per gli atti relativi alla «posizione italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria e sulla politica creditizia e finanziaria», per gli atti «preparatori del Consiglio della Comunità Europea, sui flussi finanziari di entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato» e ….«sull’evoluzione, la consistenza, la gestione e il risanamento del debito pubblico», la durata è di anni dieci e per altrettanti anni cala il segreto sulle simulazioni e previsioni che riguardano le misure di contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno del settore statale e pubblico.
Il decreto prescrive la riservatezza per la durata di venti anni dei documenti che riguardano «persone, gruppi o imprese, relazioni e denunce degli organi e dei rappresentanti ministeriali in seno alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici e privati, alle banche e alle società partecipate o controllate».

Oggi il governo dovrebbe tirar fuori i documenti riguardanti i flussi finanziari di entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato e sull’evoluzione, la consistenza, la gestione e il risanamento del debito pubblico, nonché sulle simulazioni e previsioni che, in tale periodo, hanno riguardato le misure di contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno del settore statale e pubblico. Come ha chiesto il senatore Brunetta nella sua interrogazione parlamentare (http://terranostraitalia.blogspot.it/2015/03/il-presidente-della-corte.html )
All'epoca l ministro in carica era Lamberto Dini che resse il ministero dal 10 maggio 1994 al 18 maggio 1996, giorno in cui gli successe Carlo Azeglio Ciampi fino al 14 maggio 1999, quando divenne presidente della Repubblica. Un cittadino attento alle dinamiche politiche noterebbe la corposa presenza dei governatori e di alti funzionari di Bankitalia ai vertici delle istituzioni dello Stato. Come non ricordare Luigi Einaudi, governatore della Banca d’Italia che fu il primo presidente della Repubblica dopo esserne stato ministro del Tesoro, dal 31 maggio al 4 giugno 1947. Un altro governatore, Guido Carli, è stato ministro del Tesoro dal 23 luglio 1989 al 28 giugno 1992, senza parlare degli uomini dell’ufficio studi della Banca d’Italia "prestati" alla Repubblica, da Savona a Draghi, alla Tarantola in Rai.


Il 13 ottobre 1995, il governo “tecnico” di Lamberto Dini (oggi un pensionato d'oro), mediante il Decreto Ministeriale numero 561 

"Regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nell'ambito delle attribuzioni del Ministero del tesoro e degli organi periferici in qualsiasi forma da questi dipendenti sottratti al diritto di accesso", 

 

pone il segreto su:


«articolo 2) atti, studi, analisi, proposte e relazioni che riguardano la posizione italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria…;
d) atti preparatori del Consiglio della Comunità europea;
e) atti preparatori dei negoziati della Comunità europea…
Articolo 3. a ) atti relativi a studi, indagini, analisi, relazioni, proposte, programmi, elaborazioni e comunicazioni… sulla struttura e sull’andamento dei mercati finanziari e valutari…; ecc. …)».

In altri termini, il popolo sovrano non deve sapere nulla della trappola in preparazione sulla politica monetaria presente e futura. L’1 gennaio 2002 l’Italia ed altri Paesi europei (non tutti) adottano come moneta l’euro. I prezzi raddoppiano, gli stipendi invece no.



    Art. 2.
          Categorie di documenti attinenti alla sicurezza,
        alla difesa nazionale e alle relazioni internazionali
  1. Ai sensi dell'art. 8, comma  5,  lettera  a),  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, ed in relazione
alla esigenza di salvaguardare la  sicurezza,  la  difesa  nazionale,
nonche'  l'esercizio  della sovranita' nazionale, la continuita' e la
correttezza   delle   relazioni   internazionali,   sono    sottratte
all'accesso le seguenti categorie di documenti:
    a)  atti  relativi alle iniziative di finanziamento, previsione e
controllo di bilancio e spesa, attinenti a  programmi  connessi  alle
esigenze  di  difesa  e relativi all'attivita' di approvvigionamento,
acquisizione,  dislocazione  di  beni  immobili  e  mobili,  gestione
tecnico-operativa   e   manutenzione   di   mezzi,  armi,  munizioni,
esplosivi,  materiali  e  procedure  classificati,  nonche'   accordi
intergovernativi di sicurezza e difesa comune;
    b)  atti, studi, relazioni e proposte relativi alle iniziative di
finanziamento,  previsione  e  controllo  di  bilancio,   riguardanti
situazioni di emergenza in materia di difesa e protezione civile;
    c)  atti,  studi, analisi, proposte e relazioni che riguardano la
posizione  italiana  nell'ambito  di  accordi  internazionali   sulla
politica monetaria e sulla politica creditizia e finanziaria;
    d) atti preparatori del Consiglio della Comunita' europea;
    e)  atti  preparatori  dei  negoziati  della  Comunita'  europea,
nonche' degli accordi multilaterali di  ristrutturazione  del  debito
estero;
    f)   documenti,  studi,  proposte,  relazioni,  indagini  e  atti
relativi alla partecipazione  italiana  alle  istituzioni  creditizie
internazionali;
    g)   atti   relativi   alla  programmazione  ed  alla  iniziativa
dell'attivita' di vigilanza e di ispezione, nonche' verbali,  atti  e
relazioni   degli   uffici   dei  servizi  ispettivi  attinenti  alla
sicurezza, alla difesa nazionale e alle relazioni internazionali.

  Art. 3.
        Categorie di documenti attinenti alla determinazione
          ed attuazione della politica monetaria valutaria
  1. Ai sensi dell'art. 8, comma  5,  lettera  b),  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, ed in relazione
alla esigenza  di  salvaguardare  la  riservatezza  dei  processi  di
formazione,   di   determinazione  e  di  attuazione  della  politica
monetaria  e  valutaria,  sono  sottratte  all'accesso  le   seguenti
categorie  di  documenti, quando dalla loro divulgazione o conoscenza
possa derivare effettivo  e  concreto  pregiudizio  alla  tutela  dei
processi stessi:
    a) atti relativi a studi, indagini, analisi, relazioni, proposte,
programmi,  elaborazioni  e  comunicazioni  sui  flussi finanziari di
entrata e di spesa, sulle  previsioni  del  fabbisogno  dello  Stato,
sulla  evoluzione,  la  consistenza,  la gestione, il risanamento del
debito pubblico e provvedimenti per il contenimento ed il risanamento
della spesa e del deficit pubblico, sulla struttura e  sull'andamento
dei mercati finanziari e valutari nonche' sulla politica fiscale e di
spesa pubblica;
    b)  elaborazioni,  simulazioni e previsioni concernenti misure di
contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno
del settore statale e di quello pubblico allargato;
    c) atti, anche preparatori, relativi alla emissione  o  ad  altre
determinazioni  in  materia  di  titoli  di Stato e di autorizzazione
all'emissione di prestiti in eurolire;
    d) atti relativi agli interventi  dell'Amministrazione  in  campo
monetario  e  valutario,  se  connessi  ai  procedimenti  di cui alla
successiva lettera e);
    e) atti di  programmazione  e  di  iniziativa  dell'attivita'  di
vigilanza  e  di  ispezione,  nonche'  verbali,  atti e relazioni dei
servizi  ispettivi  ed  atti  sanzionatori,  quando  possa  derivarne
pregiudizio  ai  processi  di  formazione,  di  determinazione  e  di
attuazione della politica monetaria e valutaria.

                Art. 4.
Categorie  di  documenti  attinenti  all'ordine  ed  alla   sicurezza
   pubblica   nonche'  alla  prevenzione  e  alla  repressione  della
   criminalita'.
   1. Ai sensi dell'art. 8, comma 5,  lettera  c),  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, ed in relazione
all'esigenza di  salvaguardare  l'ordine  e  la  sicurezza  pubblica,
nonche'  la  prevenzione  e  la  repressione della criminalita', sono
sottratte all'accesso le seguenti categorie di documenti:
    a) atti e documenti relativi alle  iniziative  di  finanziamento,
previsione  e  controllo  di  bilancio e spesa, attinenti a programmi
connessi  alle  esigenze  di   polizia   e   sicurezza   e   relativi
all'attivita'   di   approvvigionamento,   dislocazione,  gestione  e
manutenzione di infrastrutture, tecnologie, mezzi,  armi,  munizioni,
esplosivi  e  materiali  classificati  in  dotazione  alle  forze  di
polizia;
    b) documenti di programmazione e di iniziativa dell'attivita'  di
vigilanza  e  di  ispezione,  nonche'  verbali,  atti e relazioni dei
servizi  ispettivi  facenti  capo  all'Amministrazione  del   tesoro,
attinenti all'ordine e alla sicurezza pubblica ovvero alla prevezione
e repressione della criminalita';
    c)  atti  relativi alle operazioni concernenti l'ideazione, anche
grafica, la commessa, la fabbricazione e la distribuzione di  moneta,
carta moneta e titoli di Stato;
    d) documenti relativi agli immobili adibiti alle sedi di servizio
dell'Amministrazione,  alle procedure di sicurezza ovvero elaborati o
atti  tecnici  concernenti  attrezzature  e  impianti   soggetti   ad
omologazione  ed approvazione quando l'accesso possa recare oggettivo
e concreto pregiudizio alla sicurezza dei servizi e dei beni.

Art. 6.
                       Periodo di differimento
  1. Ai sensi e nei limiti dell'art.  24,  comma  6,  della  legge  7
agosto  1990,  n.  241,  e  dell'art. 8, commi 2 e 3, del decreto del
Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, per le  categorie
di  documenti  indicati  negli  articoli  precedenti  la  sottrazione
all'accesso opera per il  periodo  a  fianco  di  ciascuna  categoria
indicato,  con  decorrenza dalla data del provvedimento che chiude il
procedimento di cui essi fanno parte:
    a) documenti  di  cui  all'art.  2,  lettere  c),  d),  10  anni;
documenti  di  cui alla lettera b), riguardanti la protezione civile,
un anno;
    b) documenti di cui all'art. 3, lettere a), b), c), 10 anni;
    c) documenti di cui all'art. 5, lettera m), 5 anni;  lettera  i),
20 anni; lettera aa), 10 anni.
(art. 5…i) atti,  studi,  analisi,  relazioni,  proposte,  denunce  degli
organi  e  dei  rappresentanti  ministeriali  in  seno alle pubbliche
amministrazioni e agli enti pubblici e privati, alle banche  ed  alle
societa' partecipate o controllate…)

Fonti:
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2015/03/scaduto-il-segreto-di-stato-sulla.html
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1995/12/29/095G0598/sg


martedì 10 marzo 2015

Costi politica: qui casca l'asino, anzi il GRILLINO


Questo grafico è vecchio e si riferisce al bilancio di Stato del 2011. Oggi le barre di Fiscal Compact, Fondo Salva Stati , Interessi sull'Euro PRESTATO sono molto più alti.

Ormai stanchi di ripeterlo sui vari social network, scriviamo questo post per tutti gli asini italiani, quegli analfabeti funzionali che stanno nuovamente cadendo nel trappolone dell'antipolitica andando dietro al Movimento 5 Stelle.
I grillini si offendono se li chiamiamo populisti, d'altronde 9.000.000 di voti li hanno presi dal popolo parlando con la pancia ( da bravi pupazzi del ventriloquo duo Grillo/Casaleggio ) senza ragionare prima di aprire bocca. Questo grafico si riferisce al 2011, due anni prima del loro ingresso in parlamento. Credevamo che fossero preparati sui conti dello Stato visto che fanno i conti ai partiti sulle spese e sui costi della politica. Ebbene, i costi della politica sono circa lo 0,8% di tutti i costi che lo stato deve sopportare per ripagare il debito pubblico. credevamo che questo fosse stato il loro argomento per una vera "rivoluzione" sociale ed invece continuano a parlare di tagli agli stipendi, di "restitution day" . Ebbene, loro non hanno restituito un bel niente, hanno solo versato parte dei loro soldi prima nel Fondo ammortamento Debito Pubblico ( gestito da banche ) e poi nel Fondo di Garanzia per il microcredito alle PMI ( sempre gestito da banche ). Le stesse banche che detengono i titoli di Stato a garanzia della restituzione dei soldi tramite prelievo fiscale. Quella parte imponente di barre celesti che vedete nel grafico. Tra l'altro, quei soldi che percepiscono non sono neanche i loro ma gli vengono prestati in quanto per ottenerli lo Stato emette titoli con restituzione ad interesse. Quindi se parlano di restituzione, possiamo dire che si tratta di RESTITUZIONE AL SISTEMA BANCARIO  che li ha prestati e non allo Stato. Di quei soldi non ricadrà nulla sull'economia reale.
Sarebbe offensivo dire che di economia non hanno capito nulla, nonostante le audizioni fatte in questi anni con rinomati economisti, Si sarebbero resi conto che quei soldi potevano essere SPESI per far girare l'economia reale sofferente. La crisi dell'edilizia, dell'auto, dei concessionari, della ristorazione, del commercio al dettaglio poteva essere lenita se 10 milioni di euro fossero stati spesi piuttosto che restituiti alle banche per farli riprestare. Sì, riprestare. Perchè, come detto prima, i loro stipendi sono già a debito sul bilancio dello Stato e per quei soldi ci paghiamo interessi medi del 4% annuo composto. Toglierli dal mercato per ridarli alle banche che li riprestano vuol dire indebitare doppiamente per gli stessi soldi. 10.000.000 di euro potevano essere spesi in case, auto, ristoranti, e tutto ciò che concerne l'economia di mercato. Avrebbero dato una boccata di ossigeno a concessionari auto, ristoratori, artigiani edili, commercianti che aspettano che qualcuno che ha ancora i soldi entri in negozio e spenda. Ma si sa, la loro morale non gli avrebbe consentito di farlo perchè loro sono contro gli sprechi. Ebbene ricordiamo: i costi della politica sono solo lo 0,8% di tutto il debito italiano. La colpa non è dei politici che spendono ma dei politici che legiferano tali strumenti in favore del sistema bancario come MES, FISCAL COMPACT, FONDO SALVA STATI.
Strumenti voluti dall'Unione Europea che loro tanto difendono. Eppure loro fecero un gran casino contro il Fiscal Compact, quindi dovrebbero SAPERE che il problema non è quanto percepisce un politico. Vogliamo parlare anche di quanto percepiscono i loro "portaborse" ? Quelli pentastellati ? Suvvia. Sarebbe becero populismo
A proposito del fondo salva stati: erano proprio i grillini ad urlare sulla assurdità del meccanismo del Fondo. Dicevano che era assurdo pagare il Fondo per farsi riprestare i nostri soldi per essere salvati. Bene loro con le restituzioni al sistema bancario hanno fatto la stessa cosa. hanno fatto in modo di riprestarci soldi già prestati, già addebitati allo Stato. Ma almeno, RESTITUITE ANCHE I SOLDI PER GLI INTERESSI ( ironicamente )

Ogni volta che vedrete questo video e questa immagine, ricordatevi del grafico iniziale per non cadere più nel loro becero populismo a fini di consenso elettorale. NOI VOGLIAMO L'ITALIA LIBERA DAL DEBITO.
N.B.: NON SIAMO LEGHISTI








ricordatevelo...i costi della politica sono solo lo 0,8% dei nostri problemi.
NOI VOGLIAMO SOVRANITA' MONETARIA PER NON AVERE PIU' IL CAPPIO AL COLLO




Il presidente della Corte Costituzionale non sa che il Trattato Europeo è anticostituzionale?


A gennaio del '94, governo tecnico dell'ex governatore Ciampi, lo Stato italiano sottoscrive una clausola con le banche dealer dei titoli di Stato nella quale si prevede il pagamento alle stesse banche in caso di uscita dal Trattato di Maastricht e dalla futura moneta unica europea. L'allora ministro "tecnico" delle Finanze era Franco Gallo. Durante il suo ministero furono introdotti per la prima volta gli studi di settore, ovvero quegli strumenti con cui il fisco “stima” i redditi di liberi professionisti e lavoratori autonomi. Nel 2004 Ciampi ( divenuto presidente della repubblica ) nomina  Franco Gallo come giudice "costituzionale" e nel dicembre 2011 ( governo Monti ) viene nominato vice presidente della stessa corte costituzionale. Nel 2014 ne diviene presidente. E' mai possibile che un giudice COSTITUZIONALE non si sia accorto dell'incostituzionalità del Trattato Europeo che istituisce l'Eurosistema e la moneta Euro ?

Quelle clausole che lui firmò sono state oggetto di un'interrogazione parlamentare dell'on. Renato Brunetta che qui riportiamo fedelmente con le relative risposte del sottosegretario.
Nell'interrogazione parlamentare Brunetta accusa l'attuale governo Renzi ed il ministro delle Finanze , Padoan, per non essersi costituito parte civile contro le società di rating nel processo di Trani
( di seguito trovate i video del suo intervento alla Camera )
RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, partiamo da un semplice dato di fatto: ieri mattina non si è presentato nessun avvocato dello Stato a rappresentare il Governo italiano nel processo di Trani contro Standard & Poor's e Fitch; ciò significa che in caso di condanna per manipolazione del mercato delle agenzie di rating lo Stato italiano potrà chiedere i danni solo in sede civile, magari tra una ventina d'anni. Nella giornata di ieri il tribunale di Trani, riscontrata pure alla seconda udienza l'assenza del Ministero dell'economia e delle finanze, ha ammesso tutte le parti civili che ne avevano fatto richiesta – Adusbef, Acu e Federconsumatori – e una ventina di risparmiatori e, come persone offese, Banca d'Italia e Consob. Al di là di ogni polemica politica, la decisione del Ministero dell'economia e delle finanze di non costituirsi parte civile lascia obbiettivamente sbalorditi, letteralmente sbalorditi, soprattutto dopo il deposito di nuovi atti da parte della pubblica accusa da cui risulta che il Ministero dell'economia, dopo il declassamento del rating dell'Italia da A a BBB+ deciso da Standard & Poor's nel 2011, pagò a Morgan Stanley 2,6 miliardi di euro, ripeto, 2,6 miliardi di euro – per quelli della mia generazione oltre 5 mila miliardi delle vecchie lire – così come previsto da una clausola del contratto di finanziamento della banca d'affari statunitense. Per memoria, ricordo che questa cifra è circa la metà o poco più della metà di quanto perso in quella famosa estate-autunno del 2011 con la febbre dello spread che doveva portare, secondo taluni, al collasso del nostro Paese. Metà di quella cifra, che è stata persa con la febbre dello spread, è stata pagata sull'unghia, cash, a Morgan Stanley per una clausola di un contratto derivato. Poiché Morgan Stanley è tra gli azionisti di McGraw Hill, il colosso che controlla Standard & Poor's – questa è la notizia, signor Presidente – secondo la procura il pagamento rappresenta un forte elemento indiziario a carico di Standard & Poor's, vale a dire un azionista di una società di rating che guadagna da una clausola contenuta in un derivato, frutto di un declassamento effettuato dalla stessa società di rating da cui l'azionista ha avuto questo piccolo guadagno. Un pagamento – anche questa è una cosa, signor Presidente, molto interessante – disposto senza battere ciglio. Sappiamo tutti quando abbiamo un credito con lo Stato quanto sia difficile riscuoterlo. Bene, Morgan Stanley ha riscosso subito, immediatamente, senza battere ciglio, dal Ministero dell'economia e delle finanze 2,6 miliardi di euro. Un pagamento, dicevamo, disposto dopo un declassamento del rating italiano che l'accusa definisce effettuato illegittimamente e dolosamente da Standard & Poor's al solo fine di danneggiare l'Italia, con un'operazione di manipolazione del mercato aggravata dalla rilevante offensività – perché il reato è commesso ai danni di uno Stato sovrano – e da una rilevantissima gravità del danno patrimoniale provocato. Un pagamento che deriva da una clausola oscura del contratto di finanziamento tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la banca d'affari americana: una clausola su cui il possesso di azioni di McGraw Hill da parte di Morgan Stanley pesa come un macigno. Lo ripeto ancora una volta per chi non avesse capito: Morgan Stanley è azionista di McGraw Hill e McGraw Hill controlla Standard & Poor's; Standard & Poor's declassa di due gradini il rating dell'Italia e grazie a questo declassamento, indietro per la filiera, Morgan Stanley guadagna sull'unghia 2,6 miliardi di euro, pagati sull'unghia.
Ma veniamo proprio alla clausola dei rapporti del MEF con le banche d'affari. Dalle carte emerge che, a partire dagli anni Novanta, ci furono contratti di finanziamento tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le banche d'affari statunitensi, con clausole bilaterali che prevedevano che in qualsiasi momento i contratti potevano essere chiusi e sarebbe stato liquidato l'attivo alla parte cui spettava; per motivi mai spiegati, con Morgan Stanley la clausola era unilaterale e poteva essere esercitata dalla banca al verificarsi di due condizioni, ascolti, ascolti, signor Presidente: il declassamento dell'Italia e se vi fosse stata un'esposizione elevata verso il nostro Paese, se cioè la banca avesse avuto in portafoglio una quantità di titoli italiani che superasse una certa soglia, in ragione del rating. Quindi rating e quantità correlati. La quantità è considerata eccessiva al raggiungimento in giù di un determinato rating negativo. Penso che sia molto chiaro, signor Presidente.
Da qui innanzitutto due perplessità. Non si comprende infatti come sia possibile che l'Italia abbia pagato 2,6 miliardi di euro – ripeto ancora, con una frase popolare – senza battere ciglio, conoscendo la riottosità dello Stato italiano a pagare, vero, Pier Paolo Baretta ? Anche tu conosci quanto sia difficile riscuotere crediti dallo Stato italiano. Il Tesoro ha pagato cash, senza battere ciglio, 2,6 miliardi di euro ed è bene che gli italiani lo sappiano: sapete dove erano messi in finanziamento questi soldi ? Sul «salva Italia» del Presidente Monti ! Cioè, si faceva un decreto per rastrellare soldi, per salvare il nostro Paese dalla speculazione e dentro il decreto «salva Italia» c'erano anche questi 2,6 miliardi dovuti alla clausola con il derivato della Morgan Stanley. Sembra una follia eppure è così. Dicevo, senza battere ciglio, ed appare a dir poco discutibile che quantomeno non ci si potesse difendere in qualche modo da questa clausola.
Un altro punto, signor Presidente e signor sottosegretario: l'istruttoria per il processo di Trani ai tempi del pagamento cashera già in corso, non era di là da venire.
Quindi il Governo italiano, il MEF, avrebbe potuto dire a Morgan Stanley: «Aspetta un momento, perché c’è un tribunale italiano, un pubblico ministero italiano che sta indagando sul declassamento. Siccome dal declassamento dipende l'applicazione della clausola per cui tu dovrai avere i 2,6 miliardi, sarebbe opportuno aspettare quanto meno l'istruttoria prima di pagare». No ! Hanno pagato nonostante l'istruttoria presso Trani fosse già in corso. Mostruoso, signor Presidente ! Mai visto nella storia dello Stato italiano !
A tal proposito, nel corso di un'audizione svolta in Commissione finanze alla Camera dei deputati – evviva il Parlamento, finché riesce a produrre questa trasparenza – nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti finanziari derivati, la dottoressa Maria Cannata, che da quindici anni – quindici ! – è dirigente generale e capo della direzione del debito pubblico, ha avuto modo di argomentare come fosse impossibile – attenzione, signor Presidente – «ribellarsi» a tale clausola. Il termine «ribellarsi», che è un termine atecnico rispetto a un contratto di un derivato, la dice lunga sulla stato di sudditanza psicologica, anche di funzionari che sappiamo tutti competenti, come la dottoressa Cannata. Secondo la dottoressa Cannata, se il Tesoro – senta, senta, signor Presidente – non avesse pagato, il danno reputazionale che ne sarebbe derivato sarebbe stato enorme, con conseguenze assolutamente insostenibili nei confronti dei mercati. La dottoressa Cannata ci dice, cioè, che il legittimo utilizzo da parte del Governo italiano di un'argomentazione non speciosa – «guardate che c’è un'istruttoria in corso, un'indagine in corso, quindi aspettiamo gli esiti dell'istruttoria» – non si poteva usare, questa argomentazione non speciosa, perché altrimenti si sarebbero arrabbiati, perché altrimenti Morgan Stanley si sarebbe arrabbiata, magari si sarebbe arrabbiato anche qualcun altro, e quindi non avremmo più potuto collocare il nostro debito. Ma vi rendete conto, signor Presidente, signor sottosegretario, di cosa ci ha detto la dottoressa Cannata ? Questo vuol dire che non siamo liberi, che questo Paese non è libero, non è libero neanche di esercitare i suoi diritti nei confronti della magistratura sovrana.
Sempre secondo l'alto dirigente del Tesoro – e questa sua audizione in Commissione finanze è molto istruttiva e ci dice molte cose – dal 2011 ad oggi, il numero di operazioni con clausole di questo tipo sarebbe stato ridotto, bontà sua, da 35 a 13 e solo in due casi è avvenuto l'esercizio da parte della controparte, nel giugno e nel dicembre 2014. La dottoressa Cannata, però, non ha specificato chi ha chiuso i due derivati e quanto sia costato. Altri 5 miliardi ? Altri 3 miliardi ? Non si sa, né si conoscono i contenuti dei contratti di derivati dello Stato italiano ancora in essere, chi siano le controparti e per quali importi, quando siano stati stipulati e da chi e con quali clausole. Inoltre, non si ha evidenza pubblica della relazione semestrale che il Ministero dell'economia e delle finanze dovrebbe inviare alla Corte dei conti sulla gestione del debito, prevista dal decreto del Ministero del tesoro del 10 novembre 1995, che fornisca un resoconto dettagliato dell'operatività in derivati, esplicativo delle strategie e degli obiettivi perseguiti, nonché di come vi siano inquadrate le singole operazioni realizzate.
In ogni caso, quello dei titoli derivati stipulati dal Tesoro italiano per ridurre l'incertezza sul servizio del debito pubblico è un tema su cui la verità è ancora lontana dall'essere svelata. Non siamo in possesso, signor Presidente e signor sottosegretario, di tutte le informazioni necessarie per avere un quadro chiaro. Sappiamo soltanto che il totale dei titoli derivati sottoscritti dallo Stato italiano ammonta a circa 160 miliardi di euro, pari a un decimo del prodotto interno lordo del nostro Paese. Sappiamo che le controparti, guarda caso, sono le stesse banche che acquistano sul mercato primario i titoli di Stato italiani, cioè quelle stesse banche che partecipano alle aste e, quindi, dai cui acquisti dipende la collocazione del nostro debito di mese in mese, di asta in asta, e, quindi, interlocutori molto sensibili. Sappiamo che nel 2012 il Governo Monti ha chiuso un contratto in essere con Morgan Stanley realizzando perdite per 2,6 miliardi di euro e che, sull'intero ammontare – udite, udite – si rischiano perdite superiori a 40 miliardi di euro. Questo vuol dire che in ragione dei derivati in essere, i 160 miliardi, e in ragione delle clausole in essi contenute noi abbiamo, all'interno, nel corpo di questi contratti derivati, una perdita potenziale, se si realizzeranno certe condizioni, di circa 40 miliardi di euro.
Per questa ragione, signor Presidente, noi siamo qui a chiedere non solo l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti del 2011, estate-autunno 2011, ma chiediamo subito la total disclosure, la totale trasparenza, la totale rappresentazione di come sia gestito il debito pubblico italiano, che è una scatola nera, un black box. Nessuno sa niente di come è gestito il debito pubblico italiano; nessuno sa quanti e come sono costruiti questi derivati; nessuno sa le modalità, le regole, le procedure, attraverso le quali si determinano i prezzi; nessuno sa niente!
E, devo dire, è grazie all'inchiesta di Trani che comincia a emergere qualcosa, perché da Trani è emersa l'indagine conoscitiva sui derivati della Commissione finanze di questo Parlamento: grazie all'inchiesta di Trani si è aperto un piccolissimo dibattito tecnico-politico in quest'Aula, e fuori di quest'Aula, per cui ci si chiede chi fa che cosa, quali sono questi contratti derivati, chi opera su questo mercato e come, sulla base di quale trasparenza e a chi si rende conto.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
RENATO BRUNETTA. Per questa ragione noi siamo qui a chiedere totale trasparenza, total disclosure dei contratti derivati, delle loro modalità, e siamo anche qui a chiedere, signor Presidente, trasparenza su un'altra cosa molto inquietante: è il tema delle «porte girevoli». Perché molti direttori generali del Tesoro e molti ministri sono finiti poi a fare i banchieri in quelle stesse banche con le quali avevano stipulato, come ufficiali pagatori da parte dello Stato, contratti di così alta rilevanza? Mario Draghi, Domenico Siniscalco, Vittorio Grilli, Giuliano Amato, Linda Lanzillotta, tutti dirigenti o Ministri che sono finiti, guarda caso, a fare i banchieri in quelle stesse banche con cui, dal Tesoro, avevano concluso i contratti. Persone stimabilissime, da me tutte conosciute. Ma è possibile lo stato di queste «porte girevoli» ?
PRESIDENTE. Concluda.
RENATO BRUNETTA. Trasparenza e regolazione, signor Presidente.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, ha facoltà di rispondere.
PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze . Signor Presidente, premetto che l'argomento è stato trattato dettagliatamente in varie occasioni, in particolare in sede di audizione dalla dottoressa Maria Cannata, direttrice della Direzione del debito pubblico, presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, in date 10 e 26 febbraio 2015, e da ultimo, proprio l'altro giorno, in data 4 marzo, dal Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, in risposta, in Aula, ad una interrogazione a risposta immediata. La clausola ATE, presente nel contratto quadro (ISDA Master Agreement) fin dalla sua sottoscrizione, nel gennaio del 1994, risultava esercitabile dalla controparte ben prima del 2011, al superamento di soglie di esposizione contenute in funzione del rating dell'Italia. In particolare, dollari 150 milioni ove la Repubblica avesse avuto un rating tripla A; 75 milioni nel caso in cui il rating si collocasse in area doppia A; 50 milioni in caso di singola A. Quindi, per i seguenti livelli di rating: A+; A; A- il limite di esposizione era sempre di dollari 50 milioni.
Nel corso del 2011, il rating della Repubblica Italiana è stato A+ fino al 20 maggio 2011; è poi passato ad A da tale data sino al 19 settembre 2011, per poi passare a tripla BBB+ il 13 gennaio 2012. Nello stesso periodo temporale il valore dell'esposizione in derivati verso la Repubblica Italiana di Morgan Stanley è sempre stato di gran lunga superiore alla soglia di 50 milioni.
Ne consegue che le azioni di rating di Standard and Poor's, nel periodo in esame, non hanno avuto alcun rilievo sulla possibilità dell'esercizio della clausola da parte di Morgan Stanley che, si precisa, sarebbe stata esercitabile da anni, ma della quale la banca non aveva mai manifestato di volersi avvalere.
Peraltro, il Tesoro ha attivamente negoziato la ristrutturazione e la chiusura di buona parte del portafoglio, al fine di ridurre il più possibile l'impatto sui conti pubblici; questo prima dell'azione di rating del 13 gennaio 2012.
Per quanto riguarda la costituzione di parte civile nel processo in corso a Trani contro le due agenzie di rating, si fa presente che gli andamenti di mercato sono influenzati da una molteplicità di fattori, ancor più nel periodo preso in considerazione dal procedimento, per cui è oggettivamente arduo isolare l'effetto specifico indotto dalle sole azioni di rating sulle quotazioni degli strumenti finanziari. Peraltro, le rilevazioni effettuate nei giorni immediatamente successivi alle date indicate nelle imputazioni non hanno mostrato movimenti significativi in peggioramento, né si sono tenute aste di titoli di Stato. Poiché la costituzione di parte civile rappresenta opzione processuale per la richiesta di danni alternativa rispetto a quella da proporre nella sede civile, conseguentemente si terrà conto degli ulteriori elementi che dovessero emergere.
Sul fronte della trasparenza, si fa presente che tutte le informazioni possibili sono presenti già sul sito del Ministero, con un livello di trasparenza più ampio di quello della maggior parte degli emittenti sovrani.
Da ultimo, per quanto riguarda il tema delle incompatibilità, si precisa che il comma 16- ter dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, aggiunto dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, prevede che i dipendenti pubblici che negli ultimi tre anni abbiano esercitato poteri autoritativi e negoziali per conto di pubbliche amministrazioni, non possano svolgere, nei tre anni successivi, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. Tale disciplina è generale per tutti i dipendenti pubblici e, per effetto del richiamo contenuto nell'articolo 21 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, appare applicabile anche ai vertici ministeriali.
PRESIDENTE. L'onorevole Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, non me ne voglia l'amico sottosegretario Baretta, però questa sua risposta non è altro che il taglia incolla dell'audizione della dottoressa Cannata e della risposta al question time della scorsa settimana. Non è molto serio, non lo dico al dottor Baretta, non è molto serio comportarsi così da parte del Governo. Non si va in Aula, in Parlamento, con un taglia incolla. Secondo punto di cui il sottosegretario Baretta non è responsabile: io avevo chiesto che venisse il professor Padoan qui oggi, data la rilevanza del tema, e il professor Padoan non è venuto. Vorrei dire, con un po’ di retorica, che non ha avuto il coraggio di venire, ma conoscendolo da tempo, conoscendo da tempo il collega Padoan, penso che sia stato impedito, non so da cosa, ma forse posso pensare da cosa sia stato impedito. Vede, signor Presidente, sto facendo lo sforzo di far capire agli italiani cosa sia successo in quell'estate e autunno del 2011, quando un Governo regolarmente eletto è stato fatto cadere, sulla base della speculazione finanziaria che ha colpito non solo il Governo, ma tutto il nostro Paese, le nostre famiglie e le nostre imprese. E la verità sta lentamente venendo a galla proprio anche e soprattutto grazie all'indagine di Trani, ma sopratutto grazie anche all'ineffabile – ineffabile perché non se ne è mai parlato – audizione della dottoressa Cannata. Vede, la dottoressa Cannata ci ha raccontato candidamente che tra il tesoro e le venti banche, che fanno il bello, il brutto e il cattivo tempo – le chiamerei le venti sorelle, riecheggiando il cartello del petrolio – tra le venti sorelle e il tesoro c’è un rapporto incestuoso. Sì, signor Presidente, incestuoso, vale a dire che prestano e ricevono, prestano e, di fatto, condizionano, ricattano, ricattano a tal punto che all'apparenza – mi scusi se penso male – portano ad impedire di fatto al Governo italiano di costituirsi parte civile, perché anche questo avrebbe, usando le parole della dottoressa Cannata, condizionato la nostra reputazione nei confronti delle banche creditrici, cioè come dire: non esercitare un tuo diritto nei confronti di un tribunale della Repubblica, perché se lo farai perderai la reputazione. Ma quale reputazione ? La reputazione di chi deve pagare e deve stare anche zitto, deve stare anche buono ? Si è sempre parlato con retorica dei mercati: i mercati giudicheranno il nostro Paese, i mercati giudicano il nostro debito, i mercati giudicano i nostri titoli pubblici, ma qui non siamo di fronte ai mercati, questa nobile cosa. Qui siamo di fronte a venti banche, a venti gruppi bancari quasi tutti internazionali, che fanno il bello, il brutto e il cattivo tempo sulla gestione del nostro debito, il che vuol dire, signor Presidente, sulla vita del nostro Paese. Perché noi qui ce la battiamo tutti i giorni con le leggi, gli emendamenti, le manovre, le leggi finanziarie, dopodiché oscuri funzionari delle banche e nobili funzionari del tesoro decidono, nella più completa opacità, della nostra vita. Rapporto incestuoso, rapporto di sudditanza psicologica, signor Presidente, da parte del nostro tesoro e dei nostri funzionari, forse da parte anche dei nostri Ministri, nei confronti di queste banche. Paga e taci, paga e sta zitto, ma si rende conto che l'esposizione di Morgan Stanley – è stato detto anche dal sottosegretario – era di 50 milioni e la clausola è valsa due miliardi e mezzo ? Pier Paolo, hai fatto questo conto: 50 – 2 miliardi e mezzo ? Ma quando mai una clausola vessatoria rispetto a un contratto ha una valenza di un multiplo così rilevante rispetto al contratto stesso ? Di solito la valenza di una caparra, di una penale è un sottomultiplo, non un multiplo; 50-100 cento milioni di euro di esposizione di Morgan Stanley con una penale di 2 miliardi e mezzo, ma siamo impazziti ? E di queste cose non si è mai saputo nulla. Io che faccio di mestiere l'economista e che ho fatto il Ministro non ho saputo nulla. Io che in quei mesi facevo il Ministro in quel Governo di quell'estate e autunno 2011 non ho saputo nulla, perché nulla era dato sapere e anche oggi nulla è dato sapere. Opacità, opacità totale, mai finita, signor Presidente e signor sottosegretario. La non presenza qui del professor Padoan non aiuta. Avrei voluto guardarlo negli occhi, avrei voluto chiedergli: caro Pier Carlo, perché non fai trasparenza ? Perché non ci dici tutta la verità di quel periodo ? Non la dici all'Italia non a me, non a quest'Aula, non la dici all'Italia. Qual è il rischio ancora in corso ? Quali sono i rapporti leonini che legano queste banche al nostro tesoro ? Per questa ragione, signor Presidente, sono qui a chiedere la Commissione parlamentare d'inchiesta, sono qui a chiedere la total disclosure, trasparenza, la einaudiana trasparenza: conoscere per deliberare. Quello che è cominciato ad emergere nei giorni scorsi, quel piccolo dibattito che anche oggi contribuiamo a formare, è solo grazie al processo di Trani, processo di Trani osteggiato in tutti i modi, ridicolizzato, sottovalutato, oscurato dalla stampa. Ma per la prima volta oggi in quest'Aula, vivaddio, in questo Parlamento, vivaddio, nella storia della Repubblica, c’è un dibattito sul debito, su chi opera su questo debito, sui Ministri, sui funzionari, sui direttori generali, sulle banche, sui contratti derivati, sulle clausole dei contratti derivati. Per la prima volta ! Fino ad oggi la gestione del debito pubblico italiano, la gestione del debito pubblico, non la formazione del debito pubblico italiano, su cui si sa tutto politicamente, ma la gestione del debito pubblico italiano finora è stata un buco nero, una scatola nera da cui non è venuta fuori nessuna informazione.
Sono un buco nero le regole, le prassi, i comportamenti pregressi. Se c'era tanta capacità di gestione, come ci dice la dottoressa Cannata nella sua famosa audizione, e tanto controllo del debito, perché nell'estate-autunno 2011 i rendimenti dei titoli di Stato andarono così alle stelle e si creò il panico ? Perché, se tutto era sotto controllo e se le aste sono andate tutte completate, ci fu tanto panico ? Ma se le venti banche amiche che comprano alle aste erano così ben disposte, perché ci fu tanto panico, signor Presidente ? Perché si disse che l'Italia era sull'orlo del baratro, quando i titoli delle aste furono tutti collocati, tutti, ancorché a rendimenti elevati ?
Fu vera crisi quella dell'estate-autunno 2011, signor Presidente e signor sottosegretario, o fu un vero imbroglio, per soldi e per potere ? Dov'era la crisi strutturale del nostro Paese ? Dov'era l'orlo del baratro ? Dove erano gli stipendi dei dipendenti pubblici, che rischiavano di non essere pagati, come ci disse il Presidente Monti, che, da un lato, lanciava questi messaggi e, dall'altro, pagava cash 2,6 miliardi di euro a Morgan Stanley per la famigerata clausola di salvaguardia ? Sì, a Morgan Stanley !
I titoli di Stato hanno raggiunto quei rendimenti troppo alti perché il Tesoro, che con le venti banche che acquistano quei titoli abbiamo visto che parla tanto, ha concesso a quelle banche amiche quelle condizioni. Ma era proprio inevitabile arrivare a quei rendimenti con delle banche amiche, con banche con cui, come ci dice sempre la bravissima dottoressa Cannata, vi era un lungo, antico, rapporto di fiducia? E perché tanto panico, se c'era tanta fiducia?
Tra l'altro, si diceva che i fondamentali del nostro Paese erano al collasso, al disastro. Abbiamo guardato i fondamentali di allora e i fondamentali di oggi? Allora il rapporto debito/PIL era al 121 o al 122 per cento, ora è 10 punti di più; allora la disoccupazione era quattro punti inferiore all'attuale.
Ne deriva, signor Presidente, che non solo quello fu un imbroglio, ma che vi fu un vero assalto alla diligenza, per soldi e per potere. Qualcuno ha fatto i soldi in quell'estate-autunno 2011 e ha continuato a farli anche nel 2012, e qualcun altro ha fatto un altro bottino, un bottino politico. Si è spostato l'asse del consenso, con un grande costo democratico, perché da allora non vi è stato più alcun Governo eletto e voluto direttamente dal popolo attraverso le elezioni.
Per questo, chiedo ancora la Commissione parlamentare di inchiesta su quell'estate-autunno 2011 e chiedo la Commissione di vigilanza sul debito. Basta opacità, basta omissis, basta «non si può dire», dottoressa Cannata, ma ci vuole total disclosure. E non è vero, dottor Baretta, che le nostre condizioni di trasparenza siano superiori a quelle della media degli altri Paesi, non è affatto vero ! È una falsità ! E, in ogni caso, date le nostre condizioni, la trasparenza diventa l’asset fondamentale da cui ripartire. La ringrazio, signor Presidente.

Moro:Follia politica mandare la Scientifica in via Fani dopo 37 anni

Che ne dite di un paese che manda la scientifica a fare rilievi in via fani, 37 anni dopo? pensate che sia governabile? secondo voi, la chiusura dei manicomi non fu per caso una decisione intempestiva?

Da sempre priva di riscontri la vecchia dietrologia cerca conforto nelle nuove tecnologie. Domenica 22 febbraio la polizia scientifica ha effettuato una scansione laser del luogo dove Aldo Moro venne sequestrato 36 anni fa.
Questo è il primo di un ciclo di interventi dedicato ai lavori della nuova commissione d’inchiesta parlamentare sul rapimento e l’uccisione del presidente della Democrazia cristiana. Leggi le puntate successive linkate a fine articolo


Paolo Persichetti
Il Garantista 28 febbraio 2015
Il tratto di strada che il 16 marzo 1978 vide alcuni operai scesi dalle fabbriche del Nord dare l’assalto, insieme a dei giovani romani di varia estrazione, al convoglio di auto che trasportava il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, non trova pace.
Quella mattina, lungo via Fani si erano dati appuntamento in dieci: un tecnico, un contadino, una assistente di sostegno, diversi studenti, un artigiano, un paio di disoccupati, alcuni operai, un commerciante. Il più anziano aveva 32 anni, la più giovane 20. Erano le Brigate rosse, intenzionate a sferrare un attacco senza precedenti al «cuore dello Stato».
A distanza di 36 anni questo fatto storico non è ancora accettato dai cultori del complotto, anzi dei ripetuti complotti di diversa natura e colore, tutti assolutamente reversibili, che nei tre decenni ormai alle spalle si sono succeduti in perfetta antitesi tra loro.
E’ per questo che domenica scorsa l’incrocio tra via Fani e via Stresa, situato nella zona nord di Roma, è stato sottoposto a scansione laser da alcuni tecnici della polizia scientifica che in questo modo tenteranno di far rivivere i fatti di quella mattina di 36 anni fa attraverso alcuni software tridimensionali in grado di elaborare e verificare tutti i dati balistici, peritali e testimoniali raccolti all’epoca delle indagini e dei processi.
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Lo ha deciso la terza commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento del leader democristiano, insediatasi in ottobre. Dopo tanta dietrologia i commissari hanno pensato di ricostruire sotto forma di realtà virtuale la scena del rapimento. Quanto alla fine possa risultare attendibile una ricostruzione del genere, che integra dati raccolti in epoche lontane e con tecniche ormai sorpassate rispetto all’odierna tecnologia forense, per ora non ci è dato sapere. Il teatro dell’azione fu largamente inquinato dall’invasione di funzionari e vertici delle forze dell’ordine, fotografi e giornalisti che calpestarono i reperti. Addirittura una vettura della Digos, un’Alfasud beige, piombò sulla scena dell’attentato e fu parcheggiata sul lato del marciapiede dove era partito il commando. Si può facilmente ipotizzare che i suoi pneumatici abbiano fatto schizzare, o comunque spostato, diversi reperti, in particolare i bossoli. Ma in fondo, questo è l’aspetto meno importante: dei nuovi rilievi – sempre che risultino attendibili – non possono che confortare quanto è già noto da tempo.
Significativo, invece, è il dato politico che esprime questa iniziativa, mirata «a stabilire – come ha dichiarato il presidente della nuova commissione d’inchiesta, Giuseppe Fioroni – l’oggettività di alcuni fatti sulla base di una certezza: non c’è corrispondenza tra il racconto dei 55 giorni e alcune chiare circostanze».
Sul lato baso della foto è visibile l'alfasud della Digos
Sul lato baso della foto è visibile l’alfasud della Digos

Cinque processi, decine e decine di ergastoli errogati insieme centinaia di anni di carcere, due commissioni parlamentari, le testimonianze dei protagonisti, alcuni importanti lavori storici, non hanno scalfito l’ossessione cospirativa e il pregiudizio storiografico che da oltre tre decenni alligna sul caso Moro e l’intera storia della lotta armata per il comunismo, quando in realtà è proprio questa ostinazione negazionista il nodo che ha trasformato in un “caso” l’azione di via Fani.

Fa paura ancora oggi cercare risposte alle vere domande che quei 55 giorni sollevano: come prevalse la linea della fermezza?
Perché Dc e Pci, in un reciproco gioco di ricatti e sospetti, rimasero irremovibili sulla posizione del rigor mortis?

Perché gli uomini di Moro, ben piazzati dentro la Dc e nei gangli dello Stato, non fecero nulla, o ben poco, per agevolare la sua liberazione? 
Perché il Pci sabotò ogni tentativo di trattativa, anzi denigrò le lettere dell’ostaggio dichiarando che non erano farina del suo sacco, se è vero che Moro era ritenuto la pedina decisiva per portare a termine la strategia del compromesso storico?
Le culture politiche di questi due grandi partiti furono poi così all’altezza degli eventi? 
Non è lì dentro che si dovrebbe scavare senza riverenze e scrupoli per capire?

Invece ancora oggi c’è chi prova ad offuscare l’intelligibilità di quell’evento, come ha fatto recentemente lo storico, ora parlamentare e membro della nuova commissione Moro, Miguel Gotor, restio ad accettare l’idea che dei giovani operai e borgatari romani si fossero organizzati al punto da sfidare lo Stato lasciando il corpo di Moro nel cuore della toponomastica del compromesso storico, «della lotta politica e della guerra fredda» (episodio reiterato con il sequestro D’Urso), a due passi da via delle Botteghe oscure (allora sede nazionale del Pci) e piazza del Gesù (sede nazionale della Dc).
Per Gotor, se le Brigate rosse volevano raggiungere quell’obbiettivo propagandistico, «lo avrebbero lasciato in una discarica della periferia con nella destra una copia dell’Unità e nella sinistra una copia del Popolo, e non si sarebbero mai e poi mai assunte tutti quei rischi incredibili».
Dunque Moro doveva finire nell’immondizia perché ciò che muove dalle periferie non può che sfociare nelle discariche, è quanto mostra di pensare il braccio destro di Bersani, dando prova di un forte pregiudizio classista venato di populismo anticasta. La storia successiva ci dice che a mettergli l’Unità in tasca non furono le Brigate rosse ma l’autore del monumento che gli venne dedicato a Maglie, in Puglia, mentre la sola idea che le periferie dell’epoca potessero appostarsi sotto i Palazzi della politica e dell’economia suscita ancora negli esemplari odierni del ceto politico quegli stessi brividi freddi che l’aristocrazia versagliese provò di fronte ai sanculotti che mettevano a ferro e fuoco l’ancien régime.
Si comprende perché la dietrologia, ora nella sua veste tridimensionale, oltre ad essere un redditizio affare per l’industria editoriale e la pubblicistica da marciapiede, si presta come balsamo consolatorio, diversivo che consente di evadere i quesiti più imbarazzanti, le responsabilità più pesanti. Quanti su questa fondamentale rimozione hanno costruito la loro fortuna, le loro carriere negli anni di quella Seconda repubblica nata sul funerale di Moro?
tratto da http://insorgenze.net/tag/aldo-moro/
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