martedì 3 marzo 2015

Grazie al P.O.S. pignoreranno i conti correnti dei negozianti




Sui risvolti negativi del P.O.S. ci siamo già espressi in questo altro articolo che vi suggeriamo di leggere: http://terranostraitalia.blogspot.it/2014/07/il-pericolo-del-pos-non-e-il-suo-costo.html
Oggi affrontiamo una delle conseguenze della moneta elettronica, ovvero le conseguenze per i bottegai se incassano dai propri clienti tramite carta di credito o bancomat.

Prendiamo spunto da questo articolo tratto da http://www.ilgiornale.it/news/politica/equitalia-senza-scrupoli-entra-nel-conto-corrente-pignorarti-1041560.html
perchè al posto dell'ingegnere pignorato, e nella condizione debitoria dello stesso, ci sono milioni di negozianti, detti anche bottegai.

Milioni di piccole partite I.V.A. hanno debiti con l'Agenzia delle Entrate che con l'acuirsi della crisi non riescono a saldare. Parte in tronco il braccio armato, l'usuraio o cecchino legalizzato, dell'Agenzia delle Entrate: EQUITALIA S.p.A. ( i cui azionisti dovrebbero dividersi gli utili della sua attività vessatoria. Siccome i suoi azionisti siamo noi perchè è di proprietà pubblica, finora non ci è tornato in tasca un centesimo, neanche a chi è stato pignorato hanno restituito i soldi per la sua quota di partecipazione. Vabbè, prendiamola a ridere anche se il ragionamento non fa una piega )

Dicevamo che parte in tronco Equitalia che ha potere di pignorare i conti correnti bancari e postali dei debitori.

Con la "guerra al contante" e l'avvento dell'obbligatorietà all'utilizzo di moneta elettronica tramite P.O.S. succederà che tutti gli incassi dei "bottegai" avverranno tramite carte di credito e bancomat. In questo modo i soldi degli incassi andranno direttamente sul conto corrente del bottegaio e, avendo quest'ultimo dei debiti con lo Stato, quei soldi saranno pignorati da EQUITALIA e non li potrà prelevare nè per pagare le forniture nè per il vivere quotidiano.

Ci sarà qualcuno che penserà di farsi fare un finanziamento per poter estinguere il debito.
Stia sicuro che se alla banca arriva il pignoramento del conto da parte di Equitalia quel soggetto non sarà finanziabile. Soluzione ? Qualcuno tenterà il suicidio, qualcun altro ci riuscirà ma i più intelligenti si libereranno delle proprietà e della titolarità dell'attività e continueranno a vivere spensieratamente.

Non vi prendiamo per i fondelli. Chi ci segue da anni conosce il decalogo che pubblicammo diversi anni fa. Ormai siamo in dirittura d'arrivo. VE LO AVEVAMO DETTO, BOTTEGAI.


<Leggete cosa è successo a questo ingegnere. Potrebbe succedere
Se si ritarda anche soltanto un giorno per pagare una rata all'Agenzia delle entrate, meglio tenersi i soldi. Meglio non pagare. La buona volontà non ha cittadinanza presso il fisco italiano.

Il pentimento non è previsto perché la macchina delle tasse comincia immediatamente a tritare il contribuente. Soprattutto se è un imprenditore, un artigiano, un professionista, cioè se appartiene alla galassia delle partite Iva. È il caso dell'ingegner Giuseppe Lucarini, titolare di uno studio di ingegneria civile ad Ancora al quale un temporeggiamento di poche ore è costato carissimo, nonostante 42 anni di libera professione senza macchie nei rapporti con l'erario.
«Nel 2010 - racconta - ho avuto difficoltà a pagare 10.212,15 euro di Iva». La crisi cominciava a farsi sentire pesantemente. Ma il professionista marchigiano non è un evasore, non intende sottrarsi agli obblighi con il fisco nonostante il momento difficile, e concorda con l'Agenzia delle entrate di rimborsare il debito a rate. Lucarini non cerca, né ottiene, sconti: «Il piano di rientro prevedeva 20 versamenti trimestrali in cinque anni di 556,89 euro ciascuno. Gli interessi complessivi ammontavano a 925,76 euro».
La prima rata scadeva il 19 ottobre 2012, un venerdì. Malauguratamente il pagamento è avvenuto lunedì 22. Siccome sabato e domenica non sono giornate lavorative, di fatto il ritardo è di un giorno appena. Tuttavia i ritardi con il fisco non sono peccati veniali. Sono colpe gravissime. «Avevo pagato la settima rata il 30 aprile scorso, come previsto. Pochi giorni dopo, il 26 maggio, l'Agenzia delle entrate mi notifica che ero decaduto dal beneficio della dilazione in quanto non avevo rispettato la prima scadenza». Nessuna considerazione per il fatto che il versamento fosse poi effettivamente avvenuto, non conta che tutte le rate seguenti fossero state onorate. Le Entrate hanno iscritto il debito a ruolo applicando alla lettera la legge che impone di calare la ghigliottina sul capo dei contribuenti ritardatari anche di poche ore.
All'ingegner Lucarini viene intimato di saldare l'intero debito entro 60 giorni dalla notifica. E già questo è un brutto colpo. L'altra sorpresa è la somma da versare, perché al debito residuo (7.274,93 euro) vengono aggiunti le sanzioni e gli interessi per «omesso, carente o tardivo versamento». «Ma quali interessi bisogna ancora pagare se la rateizzazione viene cancellata?», si domanda il professionista. Il totale fa 11.772,84 euro. Più o meno la cifra iniziale. I quasi 4.000 euro già sborsati non contano nulla. Un solo giorno di ritardo nel pagamento di una rata ha fatto lievitare il debito dagli iniziali 10.212,15 euro a circa 15.700 euro totali.
«Tramite il mio commercialista - protesta Lucarini - ho fatto presente che la somma richiesta era sbagliata e ho chiesto una sospensione, proponendo di concordare entro il 26 luglio un nuovo piano di rateazione. Invece sono finito nel girone dantesco dei dannati del fisco». La risposta dell'Agenzia delle entrate è stata secca: il ruolo era già stato trasmesso a Equitalia, cui tocca riscuotere la somma.
Ed ecco l'ultima beffa all'ingegnere di Ancona: «Il 25 luglio, senza preavviso, mi sono accorto che Equitalia, con un Rav, aveva prelevato direttamente dal mio conto fiscale la somma di 10.245,87 euro a saldo». Nel 2000 Lucarini aveva comunicato all'erario i dati del suo conto corrente per ottenere i rimborsi. Equitalia, interpellata dal Giornale , ha precisato che la delega bancaria comprendeva anche il pagamento delle somme iscritte a ruolo. Per cui, allo scadere dei 60 giorni della cartella, la banca ha versato i soldi all'ente di riscossione.
«Il cittadino è un suddito di questo Stato padrone - protesta Lucarini - cui i danari delle tasse vengono presi direttamente dal suo conto. Mi servivano per pagare gli stipendi di luglio, ora chiederò un prestito e pagherò, ma è fortissima l'invidia per gli evasori. Lo dice uno che finora ha regolarmente pagato dai 60mila agli 80mila euro annui di tasse». Per Equitalia non c'è stato alcun disguido: il contribuente ha ricevuto una cartella per una iscrizione a ruolo dell'Agenzia delle entrate con la quale è stato chiesto a Equitalia di recuperare quella somma. La società ha notificato la relativa cartella che scadeva il 25 luglio, giorno in cui la banca ha effettuato il versamento in automatico. Equitalia fa sapere di aver preso contatto con il commercialista di Lucarini per trovare una soluzione